Questo è un esercizio abbastanza facile:
Quale lavoro compie la forza elastica di una molla con k = 200 N/m quando, dopo essere stata compressa, si estende da 20 cm a fino 10 cm rispetto alla sua posizione di equilibrio?
Ecco la mia risposta:
L’aspetto problematico di questa richiesta è che non è chiaro su quale oggetto la molla compia lavoro. Se l’estremità mobile della molla, o entrambe le estremità se sono mobili entrambe, sono prive di contatto con altri oggetti, allora è evidentemente impossibile che la molla esegua lavoro, trasferendo energia meccanica ad un altro sistema.
È vero che la molla, rilassandosi, perde energia potenziale elastica. L’energia potenziale di una molla sottoposta a una deformazione \(\Delta x\) è pari a \(\displaystyle E_p=\frac{1}{2}k\cdot\Delta x^2\), perciò nelle circostanze descritte l’energia potenziale passa da un valore \(\displaystyle E_{p1}=\frac{1}{2}\mathrm{200\frac{N}{m}\cdot(0,20 m)^2=4,0\,J}\) a un valore \(\displaystyle E_{p2}=\mathrm{1,0\,J}\), con una variazione \(\Delta E_p=\mathrm{-3,0\,J}\). Se la molla fosse a contatto con un altro oggetto, questa energia verrebbe trasferita ad esso mediante lavoro, e in tal caso il lavoro compiuto sarebbe appunto \(W=\mathrm{-3\,J}\).
Se la molla è isolata, quello che succede è che l’energia potenziale si trasforma in energia cinetica della molla stessa, che comincia a oscillare. Nel corso delle oscillazioni, l’energia potenziale si trasforma continuamente in energia cinetica e viceversa. Si potrebbe dire che le varie parti della molla compiono lavoro le une sulle altre, ma non so quanto una descrizione di questo tipo sia utile in questo contesto.